The Washing Diary: Cachemire

Un diario alla scoperta dei capi iconici che hanno fatto la storia della moda e del costume e che ancora oggi custodiamo gelosamente nel nostro armadio. Perché un abito è un ricordo, un regalo, qualcosa al quale siamo affezionate e che vogliamo trattare con la massima cura.
Miele, per tutto ciò che ami davvero. 

Il cachemire è una lana pregiatissima e molto costosa che richiede un trattamento particolarmente delicato per essere mantenuta in tutta la sua bellezza evitando gli infeltrimenti. Miele ti suggerisce delle tecniche che ti permetteranno di mantenere questo tessuto raffinato invariato nel tempo.

CACHEMIRE:
Il Dolcevita

Ideale per chi ha il collo lungo come Marella Agnelli o come tutte le donne di Modigliani, ma anche per chi ha un fisico più curvy e lo porta con nonchalance. Indossato nella maniera più fit dall’eterna Audrey Hepburn che, abbinato a pantaloni neri skinny, lo fece diventare simbolo di un’eleganza senza tempo. Reso iconico da Maria Callas e dalla rivale Jacqueline Kennedy, da Marylin Monroe che voleva enfatizzare ancora di più il seno e i fianchi indossandone versioni attillatissime, ma anche nella versione più over da personalità come Linda Evangelista e Kate Moss per dare ancora più risalto alle spalle.
E’ decisamente uno dei miei capi preferiti, il mio motivo di gioia per l’arrivo dell’inverno dopo il vino rosso e le castagne. Si dice che in Italia debba il suo nome al film “La Dolce Vita” di Fellini, grazie alla versione nera indossata da Mastroianni, ma in realtà Marcello indossa per tutto il film la camicia bianca e solo nella scena finale ha un foulard nero attorno al collo che ricorda un colletto alto. I primi dolcevita risalgono agli inizi del ‘900, quando marinai e operai che lavorano in posti ventosi lo indossavano per proteggersi dall’aria. Negli anni ’20 diventarono popolari in alcune città inglesi per imitare il look di Noël Coward, noto commediografo dell’epoca. Ma la prima vera icona a trasformare il dolcevita in una tendenza fu la cantante francese Juliette Gréco, amica di molti intellettuali parigini dell’epoca e simbolo dell’esistenzialismo.

Negli anni ’50 e ’60 questo capo diventò in Inghilterra il simbolo della controcultura dei “giovani arrabbiati” (un gruppo di scrittori della classe operaia), mentre negli Stati Uniti vestì gli esponenti della Beat Generation e delle Pantere Nere i cui membri lottavano per il movimento degli afroamericani.

Quindi il dolcevita come simbolo di chi aveva qualcosa da dire, qualcosa in cui credere, qualcosa per cui lottare. Negli anni ’70 questi maglioni furono indossati da chiunque e in molti modi, sia in situazioni più formali, sia per sostituire la camicia. Attualmente sembra tornato molto di moda (anche se io non l’ho mai abbandonato) e si è visto nelle collezioni più recenti di Valentino, Stella McCartney, Gucci e Fendi che invitano ad indossarli in maniera contemporanea, abbinandoli a una giacca, camicia o t-shirt.
Estremamente confortante e raffinato, ne esistono diverse versioni, in cachemire o lana, in colori accesi o neutri, liscio, a coste, a trecce. Ma una cosa è certa, la versione total black sarà sempre un must. Da inserire della lista dei capi da avere assolutamente nell’armadio, il dolcevita sa vestire ogni persona con quel pizzico di eleganza discreta che non nuoce a nessuno. Pensate che Steve Jobs negli anni ottanta chiese allo stilista giapponese Issey Miyake di disegnargliene un modello. Miyake gliene diede un centinaio, identici e neri. Magari non tutti noi abbiamo 100 maglioni dello stesso tipo, ed e per questo motivo che è necessario fare molta attenzione durante il lavaggio per non rovinare i capi che amiamo. Quello che vedete nella foto è il mio maglione preferito, e devo ammettere che faccio il possibile per mantenerlo sempre nel migliore dei modi. Il cachemire è una lana pregiatissimo che si ricava dalle omonime capre (e se poi per offenderti ti dicono “sei una capra” rispondete come si dice a Roma: “se, te piacerebbe!”).

Annualmente in tutto il mondo si producono circa 5.000 tonnellate di questo tessuto ed oltre ad essere molto costoso richiede anche un trattamento delicato. Il cachemire può essere lavato in lavatrice? Certo che sì, ed è proprio chi la lavatrice l’ha inventata ad avermelo insegnato: Miele.

Ebbene, vi starete chiedendo come si lava, ed io sono qui per questo. L’acqua non deve mai superare i 30° C e i capi devono essere lavati con un detersivo per capi in lana, quindi con un pH neutro o leggermente acido al fine di evitare che le fibre si sgonfino come il vostro soufflé dopo aver aperto il forno nel momento sbagliato. Miele consiglia di usare il detersivo liquido per capi delicati WoolCare  che contiene componenti che proteggono le fibre dall’infeltrimento e mantengono inalterati i colori.
Ricordatevi che i capi in cachemire devono essere risciacquati più volte in acqua fredda poiché eventuali residui di detersivo distruggono le fibre esattamente come avete fatto con il rapporto con vostra suocera. Inoltre, fate attenzione a non stendere mai un capo in cachemire sul termosifone per farlo asciugare e tanto meno fuori all’aria gelida dell’inverno, potreste dover dire bye bye al vostro maglioncino in un millesimo di secondo come avete fatto come le vostre certezze quando all’asilo le suore vi hanno detto che Babbo Natale non esiste. Come si asciuga? Inseritelo senza paura nell’asciugabiancheria Miele selezionando il programma “Trattamento lana” che renderà ancora più morbidi e vaporosi i nostri capi. Improvvisamente tutti vi vorranno abbracciare, baciare, amare, sposare. Perché una lana come la vostra non s’è mai vista da nessuna parte.

CACHEMIRE:
Il Cappotto

“Nessun uomo ti farà sentire protetta e al sicuro come un cappotto di cachemire e un paio di occhiali neri, così diceva Coco Chanel.
Discreto, elegante, inconfondibile e insostituibile, il cappotto è da sempre un elemento prezioso nel guardaroba di ogni donna. Ha attraversato le epoche segnando la storia del costume e diventando il simbolo di un’avanguardia intellettuale. E’ passato da elemento protagonista del tempo libero, delle passeggiate e delle prime gare automobilistiche, a compagno fedele, caldo e pratico per il viaggio, fino alla nascita dei cappotti da sera con bottoni gioiello indossati nei club di charleston. Il cappotto entra velocemente nell’immaginario dei grandi couturier della moda diventando un capolavoro da realizzare e impreziosire con tagli sartoriali ed elementi unici, rari e magnifici. Balenciaga, Dior, Poiret hanno creato nella loro carriera cappotti che hanno segnato la storia della moda! Eppure la vera svolta arriva nel 1951 quando Achille Maramotti ha l’intuizione di proporre la moda francese, allora dedicata a pochi, al ceto borghese. Fonda così un brand destinato a segnare la storia nella produzione di cappotti: Max Mara che nel 1981 dà alla luce il modello 101801 studiato dalla stilista francese Anna-Marie Beretta. Ed è esattamente quello il capolavoro che indosso io nella foto. Caldo, soffice, in cachemire color cammello, con le maniche a kimono e lungo fino ai polpacci, il 101801 è un sogno sulla pelle, un’icona intramontabile simbolo di eleganza, perfezione e modernità amato non solo dalle dive del cinema (Diane Keaton tra le prime), ma anche da tutte le altre donne me compresa.

Credo da sempre che un bel cappotto vesta una donna senza bisogno di aggiungere altro. Immaginate un pantalone nero skinny, un maglione dolcevita e il 101801 di Max Mara, è un look ideale per qualsiasi momento della giornata.

Il cachemire, lo sappiamo bene, è una lana pregiatissima e molto costosa che richiede un trattamento particolarmente delicato per essere mantenuta in tutta la sua bellezza evitando gli infeltrimenti. A chi non è mai successo di lavare un maglioncino trasformandolo nella taglia di un ciuaua o, viceversa, di un alano? La lavanderia di casa ha la capacità di trasformarsi nella scena di un delitto perfetto contro le fibre pregiate.
E’ incredibile come si giochi con il fato prima di lavare un capo in lana o cachemire. Le palpitazioni del cuore sono ai massimi livelli, mille dubbi, qualche improvvisazione e tanti tentativi. Perché, per ottenere sempre il meglio da questi capi, dobbiamo fare attenzione a vari parametri di lavaggio: temperatura, detersivo utilizzato, asciugatura.
Miele ci suggerisce delle tecniche che ci permetteranno di mantenerli invariati nel tempo.
Ad esempio, a mano o in lavatrice?
Dovete sapere che nel lavaggio a mano l’acqua non deve mai superare i 30°C e i capi devono essere lavati con un detersivo per capi in lana e cachemire. Questo tipo di detersivo ha un pH neutro, o leggermente acido, ed evita che le fibre si gonfino e infeltriscano. 

Ricordatevi che capi in cachemire devono anche essere risciacquati bene e a lungo, senza essere strizzati né strofinati. 

Risciacquare ripetutamente in acqua fredda è la parola d’ordine, poiché eventuali residui di detersivo potrebbero distruggere le fibre e voi vi ritrovereste a dover dire bye-bye al vostro capo preferito.
Ricapitolando: per lavare lana e cachemire a mano ci vuole tecnica, pazienza e strategia. Nel caso almeno una di queste caratteristiche non facesse proprio parte di voi, dovete sapere che Miele ha generato un programma specifico per la lana che sostituisce il lavaggio a mano, alleggerendoci così dal peso non solo fisico, ma soprattutto morale, relativo al lavaggio di capi preziosi. E quindi lana e cashmere in lavatrice senza correre il rischio di rovinare qualcosa e cadere nella disperazione? Ebbene sì, con la tecnologia Miele è possibile. Immaginate un programma che combina perfettamente tutti i parametri di lavaggio dove temperatura, quantità dell’acqua e rotazione del cestello sono tarati per proteggere la fibra e mantenere inalterate nel tempo le sue qualità. Praticamente il giusto trattamento per tutti i vostri capi che amate follemente e che mai avreste avuto il coraggio di mettere in lavatrice.

CACHEMIRE:
Il maglione in lana

“Quello che protegge dal freddo protegge anche dal caldo.”
Me lo diceva sempre mio nonno, uomo d’altri tempi che ricordo con tanto amore avvolto nei suoi soffici maglioni in lana color pastello e dallo scollo a V. Da piccola mi buttavo sul suo petto per sentire tutto il calore due suoi abbracci che sapevano di ammorbidente al talco.
La passione per i maglioni in lana è un vizio di famiglia e, anche se per alcuni anni non li ho indossati perché mi ero convita di esserne allergica, oggi sono un capo cult nel mio guardaroba e ne ho di tutti i colori. Nero e a collo alto per un look passepartout, color sabbia a girocollo che sotto il cappotto in cachemire ci sta una favola, blu per quel tocco di formalità che non guasta mai, arancione nelle giornate di nebbia, verde bosco quando non ho voglia di altri colori, uno rosso per il periodo natalizio e questo in stile “college americano” con lo scollo a V per chiudere in bellezza il progetto “The Washing Diary” nato in collaborazione con Miele. E’ stato un percorso bellissimo attraverso i capi iconici che hanno segnato la storia della moda, tanti racconti fatti di trame intrecciate per svelare i segreti racchiusi nelle pieghe di un abito o, perché no, nella treccia di un maglione. Quando si parla di questo capo, il primo nome che viene citato è di Coco Chanel che nel 1916 disegnò dei completi con cardigan realizzati in jersey di lana, un tessuto che all’epoca era principalmente utilizzato per la biancheria intima (ma che gran comodità starete pensando). 

La genialità di mademoiselle la portò a creare uno stile proprio che, completato con una gonna più corta dalla linea semplificata, sarebbe diventato il prototipo del “completo Chanel”. 

Il suo vanto è stato certamente di aver fatto entrare i vestiti realizzati in maglia nel mondo dell’alta moda, ma un grande riconoscimento va anche agli stilisti Jean Patou ed Elsa Schiapparelli per aver creato per la prima volta l’abbigliamento sportivo facendo diventare popolari negli anni ’20 i bellissimi maglioni in lana battezzati “Fair Isle”.
Fair Isle è una piccolissima isola dell’arcipelago delle Isole Shetland, a nord est della Scozia. Meno di sessanta abitanti, un’estensione di circa sette chilometri quadrati e  una lunga tradizione di lavoro a maglia che inizia nel lontano ‘800 quando le donne dell’isola creavano maglioni per riparare dal freddo i propri mariti, soprattutto marinai che viaggiavano tra Europa e America. Nel tempo i maglioni furono usati anche come merce di scambio e la fantasia diventò famosa appunto intorno al 1920, quando re Edoardo VIII del regno Unito, allora principe del Galles, indossò un maglione sportivo con quei famosi motivi: rombi, cerchi, grafismi stilizzati. Una moda lunga quasi cento anni e che non stanca mai i nostri occhi!
In Italia è la carriera dei coniugi Missoni a rappresentare uno dei grandi successi della moda riuscendo a cambiare, a partire dagli anni ’50, l’immagine conservatrice della maglieria in una specie di nuova arte. Alcuni loro disegni sono stati addirittura esposti al Metropolitan Museum of Art di New York, un grande vanto per il nostro paese.
Le fantasie di Missoni sono inconfondibili e i singoli colori dei capi sono il risultato di un’infinita serie di passaggi, mentre i motivi ad onda sono il frutto di complicate composizioni fatte con diversi filati in colori differenti.
Un successo meritato creato con amore, un matrimonio felice, tanti sorrisi e un piccolo laboratorio nel cuore di Milano che diventò successivamente una grande azienda grazie all’irrefrenabile successo degli anni ’60.

Anche l’arrivo di nuovi stilisti tra cui Sonia Rykiel portò una grande ventata di freschezza cavalcando la rivoluzione partita dalla grande Coco Chanel, fino a creare sempre di più abiti in maglia e maglioni adatti alla normale vita quotidiana.

Grazie alla Rykiel la maglia e il cardigan, in passato semplici indumenti informali da giorno, diventarono la moda dell’epoca negli anni ‘70.
La lana è formata da diversi strati, è un tessuto che trattiene molto bene il calore. Nonostante tutti i tipi in commercio (il cachemire, l’angora, la lana merino, il mohair), la più diffusa è comunque quella di pecora che si ricava dalla tosatura degli animali due volte l’anno. Si tratta di un tessuto straordinario che ha il potere di far stare al caldo il nostro cuore. Per questo motivo i capi in lana devono essere trattati con molta cura e lavati in lavatrice con l’apposito detersivo e secondo il programma sostitutivo del lavaggio a mano senza correre alcun rischio.
Le lavatrici Miele sono dotate di un programma lana che, grazie all’esclusivo cestello a nido d’ape, puo’ centrifugare i capi fino a 1000 giri senza correre il rischio di infeltrirli, anzi elimina tutti i residui di umidità che nel tempo rischiano di rovinare la lana.
ll programma “trattamento lana” delle asciugatrici Miele garantisce il rigonfiamento delle fibre come in un vero trattamento di bellezza. Il capo uscirà ancora leggermente umido e sarà sufficiente riporlo su un piano e lasciarlo finire di asciugare a temperatura ambiente.

In questo percorso ho capito che della tecnologia Miele possiamo fidarci perché grazie all’esclusivo sistema brevettato Perfect Dry, rileva il grado di umidità residua dei capi e tara il ciclo di asciugatura considerando anche la presenza di calcare nell’acqua, questo consente sempre un’asciugatura impeccabile con il massimo rispetto del capo.

Ricordatevi inoltre che gli indumenti in lana si possono stirare a temperatura media (massimo due punti) e con vapore.
Quando la stagione invernale sarà passata e dovrete fare il tanto odiato “cambio dell’armadio”, ricordatevi di proteggere i vostri capi in lana dalle orribili tarme che sono talmente chic che si nutrono di lana e cachemire, disdegnando completamente il cotone e le fibre sintetiche. Per prima cosa non dimenticate di:
-riporre via i capi solo dopo averli lavati;
-pulire per bene l’armadio con l’aspirapolvere e disinfettare le superfici prima di stendere gli abiti;
-aerare il locale e non scaldarlo troppo dato che le tarme amano anche il caldo;
-riempire armadio e cassetti con profumo alla lavanda o al legno di cedro;
-proteggere i vostri capi con sacchi per indumenti.
Vi lascio un’ultima chicca: lo sapevate che è possibile rendere morbidi i maglioni in lana che “pungono” mettendoli nel congelatore avvolti in un sacchetto di plastica”? Provate per credere!

Un ringraziamento particolare va a Michele e Camilla per aver creduto fortemente in me e in questo progetto. A tutto lo staff e alle persone gentili che hanno reso possibile tutto questo. E un merito assoluto sempre a Camilla, fonte inesauribile di informazioni preziose per la stesura dei miei pezzi. The Washing Diary is the new black…and will back! 

Miele.
Per tutto ciò che ami davvero.