Gnambox intervista Norbert Niederkofler

Seguiamo il lavoro di Norbert Niederkofler da diverso tempo e in occasione di Care's ci piace sempre ascoltare le sue parole, la sua visione della cucina e i suoi progetti.

 

Care’s è una manifestazione ideata da Norbert e Paolo Ferretti per affrontare il tema della sostenibilità, del prendersi cura del territorio, dell’ambiente e dei ritmi della natura attraverso un approccio etico e sostenibile alla cucina. Temi a noi cari e che cerchiamo di mettere in pratica grazie a piccoli gesti e scelte quotidiane grazie anche alla tecnologia e alla ricerca che un brand come Miele applica al mondo della cucina permettendo di valorizzare gli ingredienti, abbattere gli sprechi e salvaguardare l’ambiente.

 

Alla guida del ristorante St. Hubertus, insignito del premio “Ristorante sostenibile dell’anno” da “Le Guide dell’Espresso 2018”, ha appena ricevuto la terza stella Michelin.

 

Abbiamo avuto la fortuna di chiacchierare con Norbert e scoprire qualcosa in più riguardo il suo progetto Cook the Mountain, il suo rapporto con i social e qualche segreto della sua vita in cucina e non solo.

 

"Cook the Mountain" partito con l'idea di dare identità alla cucina di montagna è oggi un progetto ben più ampio che vuole valorizzare attraverso i saperi e le tecniche d'alta quota un patrimonio che è prima di tutto culturale.

 

Proprio questo è emerso dall'intervista a Norbert, oggi il lavoro dello chef è un ruolo molto più ampio, che va oltre il piatto. Parla di origini, territorio, tradizioni e cultura. Una ricchezza da valorizzare e assaggiare.

È arrivata la terza stella. Cos'è cambiato?

Per me e il mio lavoro non è cambiato niente ma è cambiato l'approccio di molte persone rispetto quello che stiamo facendo. Siamo molto soddisfatti che la Guida Michelin abbia riconosciuto un progetto come il nostro, che lavora in modo così sostenibile, etico e con attenzione alla materia prima e al territorio.

 

Lavori tantissimo con il territorio nei tuoi piatti. Lavorare in stretto rapporto con il territorio è sempre stimolante o può diventare un limite?

Quando abbiamo iniziato con il progetto "Cook the Mountain" tutti dicevano che il limite era troppo grande. La realtà è proprio il contrario: quando ti auto-limiti diventi molto più creativo. Quando alzi il telefono e puoi avere tutta le materie prime che vuoi è troppo facile. Bisogna invece fare un passo indietro, andare alle proprie radici e soprattutto saper usare la tecnica per portare gli ingredienti sul piatto in una maniera pazzesca, pulita e sana.

 

Viaggiare è stato fondamentale per capire e apprezzare il tuo territorio e tornarci. In che senso?

Negli anni in cui ho viaggiato io era diverso, non c'erano smartphone o carta di credito, viaggiavo da solo, ero in giro per il Sud America in luoghi dove se ti perdevi nessuno sarebbe venuto a cercarti. La mia moneta di scambio era quello che sapevo fare e ho imparato tantissimo. L'umiltà e il rispetto per le diverse culture, il loro modo di pensare, le loro materie prime, il territorio e il modo in cui lavoravano il cibo.

Qual è il tuo rapporto con i social?

La mia vita privata sui social non c'è, mentre sono un aiuto per la mia vita professionale.

Il mio primo cellulare l'ho avuto a 33 anni. Oggi penso che bisognerebbe insegnare ai bambini ad usare la tecnologia. Il mio approccio è un po' così... dico sempre che questi dispositivi devono essere un aiuto, di supporto e non devono sostituire la comunicazione tradizionale. Fare una prima colazione o un pranzo a casa con la famiglia senza cellulari e tv è fondamentale per poter parlare, chiedere com'è andata la giornata. Questa è la comunicazione più importante.

 

Se non fossi diventato chef chi saresti oggi?

Il mio grande sogno è sempre stato l'architettura ma non riesco a star fermo e la scuola l'ho fatta perché bisognava farla. Poi c'è mia sorella che è architetto e uno in famiglia basta e avanza così ho pensato di fare altro.

 

Tua sorella è brava a cucinare?

No. (ride)

 

Dove ci porteresti a cena?

Non necessariamente in un ristorante stellato ma in luogo dove trovi amici e rispetto, rispetto per le materie prime perché quando trovi un cuoco che rispetta le materie prime rispetterà anche te come persona.

 

Qual è il piatto che preferisci cucinare a casa con la tua famiglia?

Io a casa non cucino. Cucina mia moglie che è molto brava e io la guardo con mio figlio e mi rilasso. Però carico la lavastoviglie (anche se vengo criticato per come lo faccio).

 

Il piatto preferito che ti cucina tua moglie?

I piatti semplici. Un piatto di patate con del buon burro e del formaggio è buonissimo, come un piatto di pasta o di carne. L'importante è che siano piatti buoni, sani e genuini.

 

In che direzione sta andando la cucina?

Abbiamo impostato una strada molto giusta, orientata verso il futuro. Dobbiamo solo fare attenzione che non sia solo una moda, che la cucina di montagna non sia bella e sexy solo adesso che abbiamo preso la terza stella ma che se ne continui a parlare anche tra un anno. Bisogna andare a fondo in queste cose e rendersi conto che stiamo andando oltre la cucina, che si parla di cultura della montagna. Bisogna essere coscienti di dove si vive e saper cosa si vuole fare e dove si vuole andare apprezzando le cose che hai intorno, andando alle radici. In questo modo tutto sarà più solido e orientato verso il futuro creando maggior consapevolezza e rispetto nei giovani. Il mio goal è lasciare a mio figlio un Mondo almeno così come è oggi e non peggiore.

Autore: Gnambox

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