I pistacchi di Bronte

La Sicilia è dolce, giovane e ambiziosa

Norbert nel suo Viaggio in Sicilia intrapreso per la serie Storie di Alta Cucina, prodotto da Miele, non poteva non fermarsi in un territorio così ricco di prodotti, di sapori e di storie di siciliani che hanno fatto della loro montagna la loro fortuna.

Un simbolo della cucina siciliana, che si raccoglie sulle pendici dell’Etna. Una montagna che fuma minacciosa, ma sulle cui pendici crescono delizie, e storie di giovani chef e imprenditori per cui il vulcano è vita.

Se pensi alla Sicilia pensi ai dolci, ai cannoli croccanti che racchiudono della ricotta soffice e dolce, alle granite a colazione in cui intingere la brioche. Se fosse un sapore, la Sicilia sarebbe il dolce della sua pasticceria, la punta di zucchero della caponata di melanzane, le uvette che punteggiano anche i piatti salati. Pensi a questi sapori antichi, a gesti che si ripetono da generazioni sempre uguali, come un rito, ma la Sicilia è anche una terra di giovani, di innovazione, di scommesse. Vinte.

L’Etna si staglia all’orizzonte, sbuffa a ricordare che non si è ancora spento, con fare minaccioso. Ma il vulcano per chi ci abita non è paura, è soprattutto vita, perché dalle sue pedici scoscese e dal terreno lavico memoria di eruzioni passate, fioriscono eccellenze. Il pistacchio di Bronte è una di queste, dolce e salata, conosciuto e amato in tutto il mondo.

Giovanni Santoro, chef tornato sull’Etna

Lo chef Giovanni Santoro è nato a Linguaglossa un paese talmente piccolo che neppure i siciliani sanno indicarlo sulla cartina. Provincia di Catania, pendici dell’Etna, poche case, piazze assolate e chiese barocche per cinquemila anime, un luogo ameno che sembra uscito da una puntata di Montalbano. È cresciuto fra il profumo del sugo della nonna e il sapore dei piatti della domenica, poi è partito, come fanno gli chef, per imparare il mestiere, su e giù per la penisola. Poi è tornato a casa, a Linguaglossa, in quel palazzo davanti a cui giocava da bambino, diventato nel frattempo lo Shalai, un resort e un progetto ambizioso, come quello di fare ospitalità di alto livello dove nessuno aveva mai osato prima. Oggi è il giovane chef del suo ristorante, una stella Michelin, diventata una meta gastronomica che vale il viaggio.

I dolci siciliani, un’impresa moderna

La Sicilia è terra di grandi tradizioni mai tradite, e come Giovanni anche la storia di Nino Marino e Vincenzo Longhiano è quella di giovani siciliani innamorati della propria terra, tanto da volerci scommettere la propria vita. Pistì è un laboratorio di dolci tipici siciliani di Bronte, nato quasi da un gioco 15 anni fa, quando due ragazzi appena ventenni decisero di dimostrare come si poteva fare impresa, in modo moderno, valorizzando le tipicità siciliane. Oggi Pistì dà lavoro stabile a 45 operai, 130 nei periodi di alta produzione come quelli in cui si raccoglie e si trasforma il Pistacchio di Bronte.

Il Pistacchio di Bronte DOP

Antico quanto la Bibbia, il pistacchio arrivò in Sicilia con gli arabi che ne impiantarono le prime colture. Questa pianta longeva e coriacea riesce a crescere anche abbarbicata su terreni lavici e scoscesi, come le pendici dell’Etna e il territorio di Bronte, estremo ma capace di fargli esprimere il massimo delle sue qualità. Viene raccolto ogni due anni, solo dopo aver assorbito dalla terra nera del vulcano tutte quelle sostanze nutritive che rilasciano al frutto i suoi inconfondibili aromi, profumi e sapori senza paragoni. Ecco perché questo “oro verde” è così prezioso, unico e capace di sostenere oltre mille produttori.

“Ricordo ancora il profumo del pistacchio tostato che si vendeva per strada nelle feste di paese. L’ho sempre amato, sin da bambino e lo utilizzo sia fresco sia tostato nella mia cucina” racconta Giovanni Santoro, “per questo sono orgoglioso di far conoscere a Norbert questo prodotto, facendoglielo assaggiare e portandolo a visitare uno dei nostri pistacchieti. Per me fare alta cucina è rispettare la materia prima del mio territorio, l’Etna, riscoprendo ricette e sapori antichi, portandoli con l’innovazione fino ai giorni d’oggi, ad essere moderni”. “Shalare” in dialetto siciliano significa provare gioia e piacere, come il nome del suo ristorante, ed è esattamente quello che accade nella cucina di Giovanni e della Sicilia.

Tostare i pistacchi: una questione di temperatura

Per valorizzare al meglio il pistacchio di Bronte serve tostarlo, ma con un controllo precisissimo delle temperature. La tecnologia TempControl, l’innovazione di Miele introdotta nei piani a induzione in vetroceramica, permette di mantenere la temperatura di cottura sempre costante grazie a specifici sensori. La temperatura sul fondo della pentola viene regolata e mantenuta in modo tale che le pietanze possano essere cucinate e rimanere calde senza mai bruciare. Non c’è accumulo di calore all’interno della padella e si ha la temperatura perfetta senza dover regolare la potenza. Grazie ai tre livelli di temperatura a seconda degli alimenti che si vogliono cuocere, più una funzione sobbollire per salse e sughi.

Creme brulée all’arancio, gelato e crumble al pistacchio di Bronte

Per rendere croccanti i pistacchi si seleziona il primo livello del Temp Control, si fanno tostare delicatamente e dolcemente in padella senza il rischio che brucino e che acquisiscano dunque una nota amara. La frutta secca quando viene tostata sprigiona oli essenziali, risultando più saporita e croccante. Si cuoce poi la creme brulée nel forno a vapore a 85°C, grazie a questa cottura delicata non ho il pericolo che l’uovo stracci, e si ottiene così una crema morbida e delicata che difficilmente si otterrebbe con altri metodi di cottura.

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